LA RABBIA E LA PAURA

lunedì 8 ottobre 2012

La rabbia per aver perso il derby, per il modo in cui lo abbiamo perso e perchè meritavamo di vincerlo. La paura perchè abbiamo 7 punti, perchè viaggiamo alla stessa velocità del Pescara e di altre squadre da bassa classifica e perchè, in una stagione orribile come quella che stiamo vivendo, tutto è possibile. Quel "tutto", data la piega presa dagli eventi, può essere onnicomprensivo e può includere in sé i peggiori incubi. Se oltre a perdere meritatamente contro altre squadre (leggi Udinese o Atalanta) si cominciano a perdere partite come quella di ieri sera, allora bisogna avere paura. Se perdi perchè non giochi, pareggi perchè non reggi e perdi pur giocando e per lunghi tratti dominando, allora bisogna iniziare a  toccarsi le parti basse. Le criticità della situazione sono riassunte dalla classifica che ci vede relegati nella zona rossa e che, è risaputo essere una zona molto paludosa nella quale è facile entrare ma molto più difficile uscirne. La caccia ai colpevoli non comincia ora, non essendo propriamente una caccia, bensì un processo in cui sugli imputati pendono già gravissimi ed evidentissimi capi d'accusa. Tutti i nodi vengono al pettine e illuso è chi pensava di poter approdare in terre sicure con una nave ridotta ai mini termini. Colpevole è la proprietà, vera artefice del disastro, matrice di ogni male attuale e con la specifica aggravante del dolo indiretto, ossia la consapevolezza di poter correre determinati rischi dovuti alla sua condotta ma li accetta per proseguire ulteriori fini. Tradotto: la proprietà pur di far cassa con le cessioni e i non rinnovi, è andata incontro al disastro, pur sapendo che che era un evento probabile date le sue  azioni. Colpevole è la dirigenza, per aver appoggiato in toto le scellerate politiche societarie e per aver omesso, intenzionalmente, ai milioni di tifosi le sue intenzioni, per aver poi mentito e preso per il culo tutti noi milanisti. Colpevole è l'allenatore, per non essere riuscito a dare  alla squadra né un'anima, né un'identità. Lo ripeto, urgono soluzioni, scosse, ribaltoni, per evitare il peggio, sperando però, di essere ancora in tempo.

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